
Per festeggiare i 35 anni di attività, Dainese, per la prima volta, ha voluto aprire le porte del suo nuovo "cuore" produttivo di Vicenza Ovest ad una ristretta selezione di clienti ed appassionati tra i quali, fortunatamente, c'ero anch'io. Simpatica e calorosa l'accoglienza nel nuovo centro logistico , denominato "il cubo nero" , visibile dall'autostrada A4 all'uscita di Vicenza Ovest. La visità si è svolta all'interno dell'avanzatissimo reparto di controllo e stoccaggio delle merci e nello showroom con tutte le anteprime delle collezioni 2008 e "cimeli" storici del patron Lino Dainese, tra i queli le vecchie tute da gara di campioni quali Giacomo Agostini, Marco Lucchinelli, Kevin Schwantz, Edi Orioli e non per ultimo Valentino Rossi. Molto interessante, per non dire affascinante, l'illustrazione delle avanzatissime tecnologie e metodologie di sviluppo e ricerca dei nuovi prodotti e sistemi di sicurezza del D-Tec (Dainese Technology Center). Un viaggio nel tempo che ha permesso di scoprire l’evoluzione nel campo della protezione, dalle prime applicazioni fino ad avere un idea di ciò che ci riserverà il futuro attraverso i progetti del D-Tec, dove nascono le nuove soluzioni per le competizioni e per l’impiego quotidiano su strada. Questo Open Day ha permesso di spaziare anche in altri campi dello sport, nella discesa libera con Kristian Ghedina o nella mountain bike downhill con Philippe Perakis, ma la moto è stata sempre al centro dell’attenzione. Anche perché ieri era in programma il Gp degli Stati Uniti a Laguna Seca e Dainese ha offerto la possibilità di assistere alla gara sul maxi schermo della D-Lounge. Una bella giornata conclusa con pranzo e il cerimoniale taglio della torta con tutto lo staff Dainese, compreso il carismatico padrone di casa Lino, che non si è certo risparmiato battute ed aneddoti per intrattenere gli ospiti accorsi da tutto il mondo per festeggiare assieme a lui questi 35 anni di attività.
Un pò di storia e notizie dell'azienda :
Dal 1972 ad oggi Dainese non si è mai stancata di cercare idee e tecnologie per pensare, studiare, ricercare, sperimentare e creare nuove soluzioni e approcci al mondo della protezione.
Il nuovo centro logistico Dainese di Vicenza è l’ultimo esempio di questa mentalità costantemente protesa verso il futuro. Frutto di un investimento di oltre 17 milioni di euro questo nuovo magazzino altamente automatizzato e gestito completamente per via informatica è entrato ufficialmente in funzione il primo luglio 2005, ed è la prima applicazione del suo genere in Europa.
Innovazione di prodotto e innovazione di processo
Realizzare prodotti eccellenti non basta più. Questo obiettivo si deve infatti sposare con la capacità di far arrivare questi stessi prodotti con tempestività e puntualità all’utilizzatore finale. Si tratta di un trade-off fondamentale per il compimento della mission aziendale di Dainese “Proteggere l’uomo dalla testa ai piedi nell’esecuzione degli sport dinamici”. Da anni infatti la società ha avviato un programma di ottimizzazione del flusso che parte dall’ideazione dei prodotti nei laboratori D-Tec (Dainese Technology Center) per arrivare a portare agli sportivi di tutto il mondo la protezione dove serve, quando serve. Innovazione di prodotto, quindi, ma anche di processo.
Il nuovo centro logistico di Vicenza Ovest è l’elemento più rappresentativo di questa evoluzione continua. Automatizzato e robotizzato, il magazzino permette di razionalizzare i costi e i tempi di handling riducendo l’attesa del cliente al punto che l’evasione di un ordine on-line avviene nell’arco di 16 ore, periodo di previsto funzionamento giornaliero dell’impianto.
Tutto questo si traduce in una maggiore velocità e personalizzazione di risposta alle esigenze del cliente, un impegno che Dainese persegue ogni giorno da oltre trent’anni. E di cui il monolite nero di Dainese diventa ora anche l’imponente simbolo fisico, tanto è vero che le sue pareti verranno utilizzate per proiettare messaggi sulla sicurezza stradale utilizzando immagini di Valentino Rossi, il testimonial mondiale della sicurezza Dainese. Queste proiezioni saranno visibili dalla vicina autostrada A4.
Un cuore tecnologico
L’interno del Centro logistico Dainese è formato da circa 23.000 celle dentro alle quali sono collocate le unità di carico contenenti tutti i prodotti Dainese. Bracci meccanici manovrati da un software studiato appositamente per questo compito prelevano queste unità di carico muovendosi ad una velocità di 5 metri al secondo, tanto che il tempo massimo per spostarne una dal punto più remoto del magazzino fino alla zona di picking non supera i 90”.
La fase di picking, vale a dire il momento in cui il capo viene estratto dalle unità di carico, è l’unica fase manuale dell’intero processo. Successivamente una linea automatica provvede alla chiusura dell’imballo, all’etichettatura per la destinazione e alla codifica per lo spedizioniere, inserendo automaticamente nei sistemi informativi il numero di tracking.
Questo significa che entro la giornata dell’imballo il cliente di destinazione è già in grado di apprendere l’avvenuto allestimento della spedizione. A progettare il nuovo Centro logistico VI-Ovest è stata chiamata Silvia Dainese Gris (www.dainesedesign.it), conosciuto architetto padovano. Il suo compito non è stato per nulla semplice, considerata la complessità in gioco.
Qui di seguito, nel dettaglio, è lo stesso architetto che spiega i dettagli tecnici e architettonici di questa imponente struttura.
Il magazzino
L’esigenza dell’azienda Dainese, di raddoppiare il magazzino e renderlo automatizzato, non è potuta passare inosservata: il volume che viene occupato da questa macchina robotizzata, non potendo essere collocato sottoterra, (vista la presenza di falde acquifere sotterranee) si erge prepotentemente fuori terra modificando lo skyline, a scala territoriale.
Il parallepipedo, con 2 lati strambati, misura 30 x 80 metri circa in pianta, e 29 metri in altezza, per un volume complessivo di 80.000 metri cubi. L’esterno è completamente rivestito in zinco titanio nero, e si stacca da terra di 2 metri circa con un anello di calcestruzzo armato, con finitura irregolare.
Questo attacco a terra, lo zoccolo, è volutamente in cemento a vista irregolare: é la radice dell’edificio che esce fuori dal terreno é un basamento grezzo, “naturale”, che volutamente contrasta con la pelle nera, opaca, perfetta, al di sopra.
Il manicotto di raccordo
Quel che si nota subito è la rotazione del “cubo nero”, rispetto all’edificio esistente, al quale è collegato mediante un manicotto. Ed è proprio il manicotto, l’edificio di collegamento, a sottolineare la traslazione di un corpo di fabbrica rispetto all’altro: appare come un soffietto, in tensione da un lato, e schiacciato dall’altro (ci siamo rifatti ad un dettaglio delle tute in pelle, l’elastico biassiale). E’ tutto rivestito di guaina nera gommosa, che fa risaltare le nervature costituite da grossi tubi calandrati di acciaio bianco.
All’interno di questo, sembra di essere nel ventre di una balena, l’insieme della struttura da l’idea di un “rib-cage” di un animale enorme.
Dall’esterno invece, è più un particolare anatomico fuori scala, “una zampa di dinosauro”, con l’ossatura e i tendini che si intravedono.
Lo showroom
Questo edificio, progettualmente, è nato “usando” i metri cubi avanzati dalla progettazione del tutto. Originariamente, quel che adesso è un volume leggermente arrotondato, era una curva a pavimento, una delle texture di asfalto, cemento lisciato, prato erboso, che costituiscono il gioco di pavimentazioni dei piazzali circostanti all’azienda. Quel che si può vedere oggi, è un edificio che si è auto generato dall’idea della funzione che doveva ospitare.
Ha una forma arrotondata, sembra una “gemmazione” dal grande monolite.
In pianta ha la sagoma di un armadillo di profilo, con il codino. L’alzato invece, a seconda dei punti di vista, mostra un’immagine sempre diversa e comunque vagamente zoomorfa.
Le aperture sull’esterno, che guardano verso le colline, sono come delle branchie, e così anche i lucernari del tetto piano, sembrano degli alveoli delle parti vive di un organismo che servono al funzionamento del tutto, in questo caso danno luce.
Lo spazio esterno
Tutto l’insieme di questi tre edifici è un po’ un organismo, vive grazie ad ogni parte del tutto.
In questo modo influenza anche lo spazio esterno: questo non è trattato come uno spazio di risulta e di confine con le altre proprietà. Le texture del pavimento in cemento, le parti verdi, fluiscono intorno agli edifici e sono modificate dal flusso delle persone che si muovono, “pulsano” nell’azienda.
C’è un desiderio di fondo da parte dei progettisti e della committenza di considerare lo spazio come “vivo”, un pezzo di natura incapsulato tra il cemento grigio dell’autostrada e gli edifici circostanti, un collegamento visivo e materiale alle colline circostanti, che possa dare un po’ di qualità al vivere, al lavorare in azienda, per godersi un attimo di sole nelle pause del lavoro. (m.c. , fonte Dainese s.p.a.)


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