domenica 18 marzo 2007

AutoEmozioni

Quando abbiamo l’occasione di guardare i bambini giocare,
possiamo scoprire molte cose su di loro e quindi su di noi. Basta vederli giocare con le macchinine (oramai non succede più data la diffusione della realtà virtuale) o esaltarsi sull’automobilina a pedali, sul triciclo, sulla prima bicicletta, imitando il rombo del motore con la bocca. La loro gioia si basa sugli stessi presupposti della nostra quando ci sediamo al volante, anche se siamo adulti e non ce ne accorgiamo.Dobbiamo saperla riconoscere attraverso le nostre sensazioni e le nostre emozioni, e questa non deve mai falsare la percezione del movimento e i suoi pericoli. La guida infatti è anche gioco, ma questo non deve mai farci tornare
" bambini " .

Freud, ne “Il disagio della civiltà”, riflettendo sul progresso e sul fatto che, nonostante questo progresso, l’uomo non fosse più felice di prima, ha definito come “protesi” i molti strumenti tecnologici prodotti dall’uomo, dal telefono all’automobile: “Con ogni utensile, l’uomo perfeziona i suoi organi – motori e sensori – oppure sposta le frontiere della loro azione. I motori gli mettono a disposizione forze gigantesche le quali, come i suoi muscoli, possono essere impiegate in qualsiasi direzione; navi e aeroplani fanno sì che né l’acqua né l’aria possano ostacolare i suoi movimenti. ... L’uomo è per così dire diventato un dio-protesi,veramente magnifico quando è equipaggiato di tutti i suoi organi accessori...”
Questa definizione di Freud diventa importante per capire i risvolti psicologici della guida, del movimento, della velocità.

Un altro psicoanalista, Franco Fornari, raccontava che, a forza di esaltarsi al volante delle sue auto-protesi, l’uomo scendeva dalla Ferrari e si sentiva, camminando sulle sue gambe, come un paralitico.

In effetti, a bordo di un’auto, specie se sportiva e potente, si entra in un’altra dimensione e facilmente si confondono le qualità e la potenza dell’auto con le nostre: ci si esalta per poi ritrovarsi piccoli e nudi appena scesi dal bolide. L’uomo consapevole e felice invece, appena sceso dall’auto, ritrova il piacere di camminare con le proprie gambe: felice di ritrovarsi con quelle protesi che gli ha fornito la natura.

Per capire le automobili di oggi, o meglio cosa esse rappresentano per alcuni guidatori e forse anche per l’inconscio collettivo, bisogna ricordare cosa erano le automobili nel secolo passato,anche solo nell’Italia contadina del primo dopoguerra: un po’ di storia fa sempre bene. Mettiamoci allora nei panni del ragazzino di campagna, che si fermava ai bordi di una strada polverosa e vedeva sfrecciare questi cavalli d’acciaio e li sognava. Già Marinetti, nel manifesto del futurismo, descriveva l’automobile ruggente paragonandone gli scarichi a serpenti dall’alito esplosivo.

E il pittore Fortunato Depero nel visitare a Berlino un salone automobilistico così descriveva le automobili esposte: “Mi sembra un pugnale per uccidere lo spazio…agli eroi del volante dono questo bolide di lusso per i loro brividi ed amori motoristici…un mostro completo e risolto uscito dalle infernali officinedella meccanica d’oggi…un autentico monumento sintetico alla modernità, è un emblema della velocità…un regalo stupendo da offrire ad un principe della velocità.”

Questo linguaggio intriso di retorica del ventennio ci appare oggi ridicolo e distante, eppure la velocità continua ad attrarre e parallelamente, a mietere le sue vittime, nonostante le idee stravaganti in merito di qualche ministro.

Nessun commento: